“Solo una reunion degli Smiths sarebbe più eccezionale di un ritorno sulle scene degli Stone Roses”. Così, qualche mese fa, un giornalista inglese battezzava positivamente la notizia della partenza del tour della band britannica capitanata da Ian Brown. Martedì 17 luglio, gli Stone Roses hanno fatto tappa a Milano, in occasione del City Sound Festival in scena all'Ippodromo. Dopo quindici anni di inattività e senza, per fortuna, la produzione di un terzo album, la band di Manchester ha ripercorso una storia musicale tanto breve quanto intensa e fondamentale per chi ha vissuto quegli anni.
Come da prassi, I wanna be adored ha aperto il live, accolta da un pubblico, tra cui molti stranieri, smanioso di assistere a un concerto di per sé storico. A seguire, in un'unica e uniforme tranche, tutti i più importanti brani dei due album usciti rispettivamente nel 1989 (The Stone Roses) e nel 1994 (Second Coming), che non risentono assolutamente del passare degli anni, di un salto sonoro generazionale. Pezzi come She bangs the drums o Fools Gold sembrano così attuali, freschi e intonati con il 2012, grazie anche alla massiva influenza che la band ha avuto sui successivi protagonisti della scena rock britannica. Oasis o Kasabian, per citarne alcuni, sin dalle loro origini non hanno nascosto di ispirarsi a Ian Brown e soci. E proprio il frontman è l'asse portante del live: domina il palco, interagisce col pubblico, con il suo fare unico, così iconico e affascinante. Gli Stone Roses sono le fondamenta del Brit Rock, anello imprescindibile del suo dna. I am the Resurrection chiude il concerto, unico a suo modo: pubblico soddisfatto (zanzare anche). Nessuno sa se ci sarà una prossima volta, ma per i fan va benissimo così.