10th

Marzo

Weekend da prima visione

Sam Mandes prova con il suo ultimo film Jarhead (USA 2006, **) a fare troppo il verso a “Platoon”, “Full Metal Jacket” e “Apocalypse Now” (punte di diamante del cinema di guerra moderno). Questa volta in ballo c’è la prima Guerra del Golfo e il giovane Anthony Swofford, da tutti chiamato “Swoff”, si ritrova ad essere arruolato nell’operazione Desert Storm e dare la caccia ai soldati iracheni. Un diario da guerra alla base della sceneggiatura non basta per fare un bel film, soprattutto quando più che il trauma di una guerra mediatica come quella degli americani contro Saddam, qui ci troviamo di fronte ai vecchi fantasmi allucinatori della guerra del Vietnam. Tuttavia, il Vietnam è lontano e forse questo Mendes lo ha dimenticato.

Quando davanti alla macchina da presa c’è un attore formidabile come Johnny Depp anche un personaggio pieno di contraddizioni come il conte di Rochester, amico e confidente di re Carlo II, risulta di grande fascino. Grande interpretazione per questo giovane spregiudicato “dalla vita sessuale assai movimentata”, che è protagonista di The Libertine di Laurence Dunmore (GB 2004, ***). Nonostante gli screenwriter non siano troppo fedeli al realismo che avvolge questo personaggio storico, il film si rivela un buon prodotto, con qualche eccesso di calligrafia descrittiva.

Se volete un pomeriggio o una serata da brividi, tenetevi stretti quando vedrete Hostel di Eli Roth (USA 2006, **1/2). Quest’avventura visiva, patrocinata da quella “vecchia volpe” di Quentin Tarantino, coinvolge un gruppo di ragazzi americani che si avventurano nella Repubblica Slovacca alla ricerca di belle ragazze “disponibili”. Sequenze mozzafiato per quello che si rivela per i predatori una trappola di morte, dove litri di sangue e corpi fatti a pezzetti evocano le tentazioni “pulp” e “la letteratura splatter”, prediletta da Tarantino, produttore esecutivo del film americano.

Leggera delusione per l’ultimo film di Sergio Rubini dal titolo La Terra (Italia 2006, **) che racconta il riavvicinamento di quattro fratelli dopo una controversa vendita di un terreno di famiglia. Nonostante lo spessore che si cerca di dare ad ogni personaggio (l’interpretazione solitaria di Fabrizio Bentivoglio è lodevole), il film è zeppo di squilibri narrativi, per non parlare di sviolinate sentimentali che eccedono nell’ultima parte. Non tutte le sequenze vengono per nuocere, anche se andrebbe fatto qualche taglio. 

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