Il nuovo cartone animato del giapponese Miyazaki presentato a Venezia e acclamato da pubblico e critica, è l’ennesima dimostrazione di come il genere animation incarni una moderna modalità per raccontare le favole.
LA PESCIOLINA DISEGNATA A MATITA – Hayao Miyazaki, papà di Heidi e ideatore di capolavori quali Il castello errante di Howl ed il premio Oscar La città incantata, è tornato a Venezia con Ponyo on the Cliff by the Sea: la storia di una pesciolina ritrovata dal bimbo Sasuke e della loro amicizia… e non solo. Ponyo è figlia di un pesce divenuto stregone e della Dea del Mare, e, salvata da Sasuke, ben presto capisce di voler far parte del mondo degli umani, ipotesi che suo padre non può accettare. Ispirato alla favola di Andersen La sirenetta, la grande novità della pellicola è che Miyazaki e lo Studio Ghibli hanno rinunciato completamente all’utilizzo dell’inflazionata computer grafica, per tornare alla vividezza e alla genuinità del disegno a matita. Ecco che i 170.000 quadri dai quali nasce Ponyo, i colori, le pietanze raffigurate (il disegno della zuppa Ramen sembra una fotografia!) e le onde che ricreano lo tsunami, destano l’occhio abituato al 3D Pixar e divengono appannaggio per il cuore. I personaggi perdono la tridimensionalità, ma non il carattere: il viso della pesciolina è umano – pare sia ispirato alla figlia del regista – e la sua anima esce dallo schermo. La storia è semplice e i bimbi non rimarranno delusi dai fondali di Ponyo. E per i genitori il messaggio di Miyazaki sembra essere quello di non nutrire i propri figli solo di artifici narrativi e animazioni spettacolari, rendendo arida così la loro fantasia e dimenticando le vecchie favole.
IL CARTONE: ANCORA ANIMATO? – Non tutti possono permettersi il rischio di Miyazaki: per produrre e distribuire una pellicola come Ponyo sono necessari una storia forte, un team di disegnatori doc ed un nome importante come quello del cineasta. In Giappone Ponyo ha sbancato i botteghini, in Italia sapremo solo in primavera se Lucky Red avrà scommesso bene sulla pesciolina. Ma di certo, tornare al disegno e rinunciare alla grafica 3D che ha fatto il successo di Alla ricerca di Nemo, Shrek, L’era Glaciale e da ultimo Kung Fu Panda, è una scelta importante, motivata e basata sull’assunto che il digitale finisca talvolta con l’inaridire gli animi dei personaggi. Miyazaki rimprovera alla Sirenetta della Disney di non avere un’anima, ma non sarà colpa di come è stato sceneggiato il cartone? Pensiamo al padre di Nemo, a Sid o ancora a Po: non sono forse personaggi “umani” al 99%? E Shrek e Fiona non sono davvero innamorati e di animo – quasi sempre! – buono? Forse allora è semmai la storia a fare da amplificatore alle anime dei persongaggi, e sull’altro fronte, i sentimenti e le peculiarità di un character provengono dalla somma di due fattori: realismo della raffigurazione e sceneggiatura. Gli animali protagonisti di un cartone animato non sono reali perché sembra di riuscire a sentire il loro morbido pelo, o perché le lacrime sembrano “bagnare”, bensì perché le emozioni emergono da dentro la tela (o il pixel) e arrivano dritto al nostro cuore.