Il poster ha un duplice compito: “creare un desiderio e vendere il prodotto, cioè convincere la gente ad affollare le sale“. Così dice Mathias Mazzetti, graphic designer per MEDIAFILM. Ed in effetti una bella locandina può spingerci a vedere un film. E se questo poi non è un capolavoro e non sarà ricordato, la locandina invece rimarrà di certo impressa nella memoria.
AMARCORD – Se diamo una rapida occhiata alla Top 50 delle locandine – dagli anni ’70 ad oggi – selezionate da Smashing Magazine, si nota che quasi tutte sono made in Usa. Tra i migliori poster italiani ricordiamo le locandine western di Sergio Leone, gli horror dei primi film di Dario Argento, l’onirico Fellini e l’erotico Tinto Brass. Ma recentemente le locandine italiane appaiono un po’ banali e ripetitive, con una prevalenza di bianco unito a font semplici e al faccione degli attori in primo piano. Non a caso l’Internet Movie Poster Award non include poster italiani nelle nomination. Quelli americani invece – in particolare stupisce il genere horror, con a capo Saw – usano tutti gli strumenti possibili dalla grafica, al disegno, all’arte. Prevale forse una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’affissione come mezzo di comunicazione, della sua forza evocativa. Secondo Ugo Volli, semiologo e professore ordinario presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, in Italia invece “l’attrattiva della cartellonistica non è così basilare“. Così i nostri poster sembrano rispecchiare una certa incapacità di raccontare dei film stessi e un’immaturità comunicativa del mezzo-cartellone.
COLPIRE E GIOCARE – Raccontare con le immagini e colpire l’occhio dei passanti è una forma d’arte. Poterlo fare sfruttando i frame dei film e la grafica è anche divertente. In America si usa il disegno, la fotografia, si scrive col sangue (The Dark Knight) e spesso l’attore non è un richiamo. Si “gioca” con lo spettatore, si evoca, si tratteggia e poi si scappa. E pensare che il ruolo oggi delle locandine nei multisala dovrebbe essere quello di catturare lo sguardo distratto di un indeciso spettatore… Poco importa se ciò che promette il poster non è mantenuto: Cloverfield, L’albero della vita, Vacancy hanno locandine di richiamo molto belle, ma i film in sé valgono quanto il box office ottenuto. Eppure i loro poster sono ricordati e hanno fatto desiderare di entrare in sala perché sono andati oltre, ingannando anche un po’ lo spettatore. Non è forse anche questo il ruolo del cinema? Creare una realtà “altra” e farci sognare ancora. Anche se stiamo aspettando il tram alla pensilina.