Pochi scrittori occidentali possono dirsi influenzati dalla cultura giapponese come Amélie Nothomb. E c’è da scommettere che l’autrice belga di lingua francese -cresciuta a Tokyo e innamorata del Sol Levante – abbia vissuto con grande ansia le notizie drammatiche giunte nelle ultime settimane dall’arcipelago nipponico, colpito duramente da maremoto e allarme nucleare. Poco prima che accadessero questi tragici eventi, la scrittrice ha fatto tappa a Milano nel tour di lancio della sua ultima creatura: Una forma di vita. Si tratta di un romanzo epistolare: curioso in piena era web, con le email che hanno mandato in crisi la vecchia corrispondenza.
Eppure Amélie Nothomb prende molto sul serio uno dei compiti che fanno parte del suo mestiere: rispondere alle lettere dei fan. Da questo parte il romanzo: una lettera diversa sbuca tra le tante, è quella di un soldato americano di stanza a Bagdad, Melvin Mapple. Obesità e bulimia lo rendono un soldato diverso dagli altri, ma con la stessa voglia di tornare a casa, la stessa paura degli attentati, tutti pensieri che descrive bene nella lettere all’amata scrittrice. Amélie si affeziona a questo ammiratore speciale, ma all’improvviso la voce di Melvin non si fa più sentire, pardon, leggere. Il finale è spiazzante come spesso accade nei romanzi dell’autrice. La scrittura, anzi la vera e propria grafomania, il rapporto con il cibo sono alcuni temi che si incontrano nella sua vasta produzione. Sulla scrittura, e in particolare sulla corrispondenza, Amélie Nothomb si dichiara affezionata a quella vecchio stile: “Le email non mi appartengono. Le trovo fredde, poco personali. A me piace prendere in mano la carta, sentire il peso di una busta“. Del resto il rapporto con francobolli e lettere dura da quando la scrittrice era obbligata a scrivere al nonno: “Lui abitava a Bruxelles, la mia famiglia era sempre in giro per il mondo (il padre era ambasciatore, ndr). Mia madre mi chiedeva di scrivergli ogni domenica sera. All’inizio ero disperata e annoiata: non sapevo mai che scrivere. E sì che lui rispondeva puntualmente a me, a mio fratello e a mia sorella: tre lettere diverse. Cosa avrà avuto mai da raccontare?!“. Dall’ufficio del suo editore francese Albin Michel, la Nothomb risponde a tutte le lettere dei fan: “A quelle che meritano, ossia quelle sincere, umane, rispettose. Finiscono nel cestino quelle di chi chiede una foto di me nuda!“.
Per la casa editrice d’Oltralpe la Nothomb sforna un nuovo titolo all’anno, in genere nel mese di marzo, che arriva poi sui mercati italiani a febbraio. Il successo sembra scontato: pare che solo in Francia ogni suo titolo venda almeno 200mila copie. Dov’è il trucco? “Ogni volta che scrivo un libro mi sembra che sia una tragedia, ma poi la gente lo legge e ride. Allora, forse la commedia e la tragedia vanno insieme“. Ed è quello che la gente vuole trovare in un libro, forse.