Antonio Pecci Filho, classe 1946, è oramai un veterano del Festival Latino-Americando. La sua presenza è sempre gradita perché questo cantautore brasiliano rappresenta uno spirito d’innovazione che ha saputo spingere il genere tradizionale della bossa nova verso mari sconfinati. Pardon, forse il lettore più ravveduto mi scuserà se per presentare Toquinho ho usato il suo nome di battesimo. Ciò mi succede non per sbadataggine bensì dinanzi a quei pochi artisti che riescono a perforare talmente l’anima del pubblico da diventare voci familiari. Sì, voci familiari che continuano ad echeggiare per tutta la vita tra una canzone ed un’altra con uno stile davvero inconfondibile per affermarsi “paladini” della musica che nasce dalla terra.
“In quaranta anni di carriera – mi spiega il cantautore brasiliano – ho suonato molte canzoni ma forse è proprio Acquarello quella a cui mi sento più legato, quella che sintetizza meglio il mio percorso”. Per quanta riguarda il suo rapporto con l’impegno politico e sociale (a mio parere si cela dietro la sua poesia), Toquinho ci tiene a precisare: “A differenza dei miei amici come Caetano Veloso o Gilberto Gil, il mio contributo a certe tematiche è avvenuto in maniera quasi spontanea. E poi credo che ognuno di noi a suo modo sfiori una sfera sociale all’interno delle proprie canzoni”.
Il concerto di ieri sera è stato davvero indimenticabile grazie alla presenza di un Toquinho, ancora in piena forma a quasi sessanta anni, che è riuscito a sgranare dalle corde della sua amata chitarra quasi mezzo secolo di successi: da Aquarela a Samba para Vinicius, da Tarde em Itapua a A banda, passando per Que Serà dell’amico Chico Barque e per il fluttuoso pezzo strumentale Manha de Carnaval. Non manca l’omaggio all’Italia con una versione in stile bossa nova di Roma nun fa la stupida stasera del grande Renato Rascel e La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria che portò al successo assieme alla nostra Ornella Vanoni.
Poiché il grande maestro Vinicio De Moraes sosteneva che se Dio aveva una voce era quella di Bach, ecco che l’audacia della chitarra di Toquinho ha trasportato la musica del compositore barocco sulle corde della bossa nova, meritandosi un lungo applauso dal pubblico. Tuttavia, sulla punta della lingua ci resta una domanda indiscreta. Che rapporto ha con la morte un cantautore come Toquinho che da sempre canta la passione e i colori della vita? Me lo svela dopo l’ultima canzone: “Non voglio credere che dopo la vita ci sia la morte. Penso ci sia altro ed è forse la passione per la vita che me lo fa sperare”.
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