La movida è un termine che, in questi giorni, si usa in senso accusatorio e che si ritiene causa di possibili nuovi contagi da coronavirus. Eppure rappresenta uno dei movimenti culturali europei più significativi degli ultimi cinquant’anni. Correva l’anno 1975…
La parola che in queste ore sta facendo inorridire e imbufalire i titolari dei bar italiani è movida. Non piace nemmeno ai politici, tanto che il premier Giuseppe Conte l’ha pubblicamente demonizzata nel suo ultimo messaggio alla Nazione. L’idea è che se c’è movida, c’è assembramento e quindi più probabilità di diffusione del Coronavirus. Una relazione a cascata che ha sollevato le protesta degli esercenti. Sui quali, nemmeno tanto velatamente, le istituzioni si sono scagliate, scaricando, in maniera forse troppo superficiale e affrettata, eventuali colpe se si dovesse verificare una ripresa dei contagi.
Insomma, la movida è messa alla sbarra e a Milano il processo è iniziato con le famose immagini dei Navigli (presumibilmente) affollati di gente in cerca di svago e con il drink in mano. Immagini mai del tutto convalidate, ma che hanno comunque fatto arrabbiare Beppe Sala (leggi qui).
Movida è un movimento di controcultura nato a Madrid nel 1975 nel ‘caliente’ quartiere di Malasaña
Ma da dove nasce il termine movida? Non in Italia. Per conoscere le sue radici bisogna fare un tuffo nel passato dirigendosi ad ampie bracciate verso la Spagna. Più precisamente a Madrid entrando nel quartiere pulsante di Malasaña. Da sempre conosciuto come il barrio delle meraviglie per la sua frenetica vita notturna e luogo storico dell’antagonismo capitolino. Un’enclave in città, quasi inaccessibile già ai tempi di Franco che cercava di frenare ogni impulso di protesta al suo potere. In quelle strade e vicoli ciechi era più difficile controllare quello che avveniva.
Una volta finito il regime, il quartiere uscì allo scoperto in maniera ancora più irruente. Correva quindi l’anno 1975 quando prese forma la movida madrileña, movimento di controcultura nato durante la fase della ‘transizione’ tra dittatura e democrazia. Assembramenti di persone intenzionate a dare un calcio al passato si formavano all’indomani della caduta di Francisco Franco, animando un fenomeno a forte propulsione libertina ed espressione di un riverbero artistico, per troppi decenni soffocato e sopito dalla dittatura.
Cessato il periodo storico del caudillo, gli esponenti della movida si organizzarono per riappropriarsi del tempo perduto, rilanciare la creatività del paese e riconquistarne un’identità all’avanguardia come reazione all’oscurantismo imposto dal governo fascista. Madrid era il fulcro, ma negli anni successivi altre città di accodarono alla movida.
Inizialmente è stata la musica, ma poi anche il cinema di Almodovar, pittura, fotografia e trasmissioni tv
La movida madrileña è stata dunque un collettore di talenti artistici poliedrici e di diversa estrazione culturale. Molta musica in primis. Band come i Nacha Pop, Zombies, Radio Futura e Alaska y los Pagaimodes, diventarono portavoce di un sound irrequieto. Si ondeggiava tra vibrazioni del glam rock e sognanti melodie new wave. Il celebre locale Sala Rock Ola era il rifugio preferito di tutte queste giovani band (quasi a replicare il CBGB di New York). Sul palco di questo bar, dal 1981 alla chiusura decretata nel 1985, si alternarono esplosive performance live di gruppi. All’inizio questi eventi erano seguiti da un pubblico ristretto, ma man mano che il passaparola iniziò a circolare in città, diventarono veri e propri happening imperdibili. Altri locali si aggiunsero e diventarono molto frequenti a loro volta, come El Penta e El Sol.
La crescente onda musicale divenne la colonna sonora che fece da accompagnamento a una nascente forma di nuovo cinema spagnolo che, a cavallo tra gli anni 70 e l’inizio degli anni 80, trasformò radicalmente la settima arte spagnola. Vennero sdoganati temi fino ad allora considerati tabù, come sesso, droga e prostituzione. La macchina da preso cominciò a filmare storie irreverenti, provocanti e sempre condite da una deliziosa dose di mala educaciòn. Pedro Almovodar era il massimo esponente di questa generazione di scatenati registi che annoverava anche Fernando Trueba, Manuel Iborra e Fernando Colomo.
La stessa televisione si fece promotrice della movida nata a Madrid, proponendo trasmissioni cult degli anni 80 come la Edad de Oro e la Bola de Cristal. Sul piccolo schermo passavano immagini che davano decisamente una spruzzata di colore al grigiore di un palinsesto fino ad allora imposto dai vertici del governo di Franco. La risonanza della movida madrilena contagiò anche il mondo della pittura moderna e della fotografia che, avanzando di pari passo, documentavano e ripercorrevano quotidianamente l’evoluzione del movimento ancora oggi riferimento per molte nuove generazioni di artisti di tutto il mondo.
Nei prossimi mesi, superata l’emergenza Covid, a Madrid sarà inaugurato il museo dedicato alla movida madrileña
Un vasto repertorio di materiale artistico riguardante la movida madrileña è stato raccolto in questi anni. Sarà usato per adibire il nuovo museo dedicato a questa corrente culturale. Un progetto la cui inaugurazione era prevista quest’anno, ma che a causa del coronavirus è stata prorogata a data da destinarsi (si pensa a inizio 2021). In ogni caso, il museo non sarà situato a Malasaña, dove invece dal 2012 è attivo un piccolo bar chiamato Madrid Me Mata al cui interno sono esposti preziosi cimeli risalenti a quegli anni. Anni eroici e rivoluzionari. Di movida. Parola da usare dunque con cautela. E rispetto.