Tutto pronto per l’opening a Milano del primo locale della catena Starbucks. Per il suo fondatore Howard Schultz è un sogno che si realizza
“Non veniamo a Milano per insegnare a voi come si fa il caffè, anzi. Con umiltà e rispetto per la cultura italiana vogliamo farvi vedere cosa abbiamo imparato”. Le parole con cui Howard Schultz si è presentato alla città di Milano, durante l’ultima edizione di Seeds & Chips, summit internazionale sulla food innovation, sanno di buono come il caffè su cui ha costruito il suo impero da 29mila torrefazioni nel mondo, per un giro di cento milioni di clienti alla settimana. È proprio nel capoluogo lombardo che, 35 anni fa, il fondatore e presidente di Starbucks ha avuto l’idea di creare la famosa catena di caffetterie.
Primo Starbucks a Milano: Reserve Roastery di piazza Cordusio
“Sono venuto per la prima volta in Italia, a Milano, nel 1983. La mia immaginazione è stata catturata dai bar, dalla loro atmosfera, dal romanticismo e teatralità. I cafè italiani sono un terzo luogo tra la casa e il lavoro”, ha dichiarato nel discorso tenuto proprio in occasione di Seeds & Chips. Oggi Howard Schultz corona il sogno e la sfida più grandi: aprire proprio nella città che lo ha ispirato il primo locale in Italia della catena Starbucks, nel Palazzo delle Poste, in piazza Cordusio. Non solo caffè: il locale sarà un Reserve Roastery, format già collaudato e con successo a Seattle e Shanghai, con all’interno una torrefazione ed esperienze gastronomiche, dalla panificazione firmata Princi all’aperitivo. Starbucks apre ufficialmente le porte al pubblico milanese venerdì 7 settembre.
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Il suo obiettivo quando ha lanciato Starbucks
“La mia storia è ormai nota a tutti. Sono cresciuto con i miei fratelli in una casa popolare di Brooklyn. Mio padre, tornato dalla Seconda Guerra Mondiale, non ha avuto accesso alle promesse del Sogno americano. È passato attraverso una serie di lavori precari. Fino a quando un giorno si è infortunato ed è rimasto senza lavoro e copertura assicurativa. Erano gli anni ’60, io ne avevo sette. Già a quell’età ho scoperto cosa può accadere a una famiglia che perde tutto. L’umiliazione, la vulnerabilità, la paura di non farcela. Questa esperienza, di cui porto ancora i segni, mi ha portato a credere fermamente nei valori e nell’impatto sociali che deve avere una leadership. Non avrei mai pensato che un giorno avrei costruito un’azienda dove un tempo mio padre non avrebbe mai potuto permettersi di lavorare”.
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Quale era il suo sogno
“Il mio sogno era costruire un’azienda che, come Starbucks, si prendesse cura dei dipendenti, anche nei momenti più difficili. Per questo nonostante la crisi finanziaria che ha investito l’America nel 2009, abbiamo preso la decisione di mantenere l’assicurazione sanitaria per tutti i nostri dipendenti. Alcuni investitori mi avevano detto che avevo l’occasione perfetta per cancellare benefit e assicurazioni per i dipendenti, e che avrebbero venduto le loro azioni se non lo avessi fatto. È stata una prova decisiva. Rischiavamo di perdere tutto. Ma abbiamo deciso di restare fedeli ai nostri principi e di tutelare i nostri dipendenti”.
La filosofia della sua leadership
“Ho voluto costruire una leadership di servizio la cui forza si basa su valori come verità, onestà, trasparenza. Sfortunatamente viviamo in un’epoca di grande cinismo e incertezze, in America come in Europa e in Medio Oriente. Abbiamo tutti la percezione che le cose non stiano andando per il verso giusto. Abbiamo perso il senso dell’umanità, della cittadinanza, della comunità. Costruire un’azienda oggi, grande o piccola, profit o non profit, pubblica o privata, significa promuovere nuovi valori, essere al servizio di tutti. Proprio come ci si prende cura di un neonato, lo si ama, protegge, cresce”.
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Come vive il successo della sua azienda, presente con oltre 27mila caffetterie in 75 Paesi
“Ho imparato negli anni che molte decisioni in affari non devono essere necessariamente spinte da interessi economici. Il successo è più grande quando lo condividi. Ed è con i valori che ci contraddistinguono che portiamo a Milano il primo Starbucks in Italia. Lo facciamo con umiltà. Non vogliamo insegnare agli italiani come si fa il caffè, no. Veniamo per dimostrare cosa abbiamo imparato e sappiamo fare. Offriamo un’esperienza. Per me è la realizzazione di un sogno, proprio a Milano dove negli anni ’80 ho avuto l’ispirazione per aprire una catena di caffè, affascinato dai bar in Galleria, dall’atmosfera, dalla vita che vedevo scorrere dentro. Un luogo a metà tra casa e lavoro”.