“Essere rassicurante è un errore che un cantautore non deve mai fare“. È impietoso il ritratto dell’Italia che Samuele Bersani offre dal palco del Circolo Magnolia nel concerto del 30 giugno. Quell’Italia ipocrita e artefatta dei talent show, in mano a una becera industria dello spettacolo governata da “vecchi senza fantasia che assecondano le mode delle ragazzine coi peluche“. Ma non c’è livore nella sua voce pulita e serena, solo tanta eleganza e i cenni di una sensibilità artistica fuori dal comune.
Samuele si presenta sul palco in maglia nera, con occhiali da lettura e un leggìo con i testi. Si capisce subito che non sarà un concerto di melodie orecchiabili e ritornelli furbetti: l’intero live è una lucida riflessione sulla vita e sui sentimenti, indagati senza un minimo di retorica, in modo schietto e un po’ disincantato. La sua annunciata “incontinenza verbale dovuta alla visione in giovane età di troppi concerti di Guccini“, è una piacevole punteggiatura tra i testi. Gli argomenti trattati sono di critica sociale (Cattiva, Che vita, Il Mostro), introspettivi e romantici (Spaccacuore, Senza Titoli) o un po’ più sbarazzini (Freak, Coccodrilli). Il rapporto col pubblico raggiunge presto una speciale complicità, per poi sciogliersi in una sorta di abbraccio collettivo sul pianoforte che introduce Giudizi Universali. Il concerto si chiude con l’immancabile Chicco e Spillo, che lo lanciò nelle radio nel 1992.