Oriana Fallaci, voce potente e scomoda del panorama italiano e internazionale, è protagonista
del monologo Mi chiedete di parlare. Suo malgrado? Certamente, perché senza la morte della
giornalista, avvenuta nel 2006, lo spettacolo che Monica Guerritore porta in scena al Teatro Grassi
fino al 15 aprile non avrebbe avuto ragion d'essere. Altrettanto certamente, il giudizio “dell’Oriana”
resterà mistero.
IL MITO FALLACI – Mi chiedete di parlare è il monologo interpretato dalla Guerritore (che firma in parte anche
sceneggiatura e regia) presentato allo scorso Festival di Spoleto: un’intervista fittizia, condotta da
una voce fuoricampo, dà modo alla Fallaci di ribadire il suo pensiero sulla scrittura, sulla guerra,
sulle persone a lei care, sulla vita e sulla morte. La scena si svolge nello studio newyorkese dove
la scrittrice viveva, una stanza ormai coperta da teli di plastica, perché abbandonata dopo la morte
della giornalista. È una sorta di fantasma dunque che si aggira sul palcoscenico, che incalza il
pubblico con voce potente e una fisicità netta: c’è la pettinatura inconfondibile, il rossetto rosso,
l’eleganza degli abiti. A farle compagnia, sul palcoscenico, ci sono i video proiettati sullo sfondo: il
fumo nero della guerra in Iraq, le immagini delle Torri Gemelle in fiamme. La Guerritore restituisce
la passione e il rigore con cui la Fallaci ha preso di petto gli eventi e la storia, mostrandola al
pubblico fiera e fragile, come quando si tratta di affrontare la malattia, straordinariamente umana
davanti alla morte della madre (raccontata in Intervista al potere) o genuinamente curiosa, come nel
dialogo con il giornalista François Pelou (ripreso da Niente e così sia). Mi chiedete di parlare (ri)scopre la raffinata intellettuale, ma anche la donna impegnata a fare i conti con il mito di se stessa.
SE L'ORIANA SAPESSE – Benché appassionata, l'interpretazione della Guerritore non spegne quel dubbio che prende lo
spettatore in platea: se “l’Oriana” sapesse, come giudicherebbe questo spettacolo? Spettacolo che
va in scena grazie alla ricerca condotta da Emilia Costantini, anche sulle carte messe a disposizione
da Edoardo Perazzi, nipote ed erede (contestato dalla sorella dell'intellettuale) della Fallaci, ricco di
rimandi ai romanzi e alle inchieste della giornalista. Resta, forte e chiaro, il testamento spirituale di
Oriana Fallaci: l'odio per la morte e la sconfinata lode all'intelligenza e alla libertà.