Se la dolce esressione della copertina di Notturno Rozz, il primo album di Stefano Piro, non basta a conquistarvi, aprite la custodia e ad accompagnare la musica troverete le opere di Andy dei Bluvertigo. Stefano, nato a Milano ma sanremese d’adozione, è un curioso esploratore delle diverse forme d’espressione. Un artista da conoscere più a fondo… oltre lo sguardo.
Come mai hai scelto le creazioni di Andy per il tuo album?
“Quando conobbi Andy a San Remo tre anni fa, rimasi folgorato dalla capacità di tenere viva l’espressione nelle sue opere dai toni accesi. Conoscerlo è un’esperienza di crescita. E così ho deciso di introdurre i suoi quadri nel libretto del disco.”
Nel tuo ritratto in copertina mi sembra che sia stato ben colto il tuo animo, da Andy…
“Sì, non poteva farlo meglio. Anche la sorgente che l’ha ispirato è stata fortunosa. E’ una foto scattatami in un piccolo locale nella San Remo vecchia.”
Spiegheresti la scelta del titolo “Notturno Rozz”?
“Rozz è l’incrocio tra Rock e Jazz. E’ Jazz come approccio agli strumenti, sfruttati in ogni loro forma dagli eccezionali musicisti con cui ho collaborato. Rock perchè l’album propone delle immagini forti e per la direzione sonora volta a creare tensione e suoni acidi.”
Quale credi sia la difficoltà maggiore nel mestiere del muscista?
“In questo mestiere è il fatto di essere costantemente messi alla prova. Ci vuole tenacia. E poi c’è tutta quella parte burocratica di mercificazione del prodotto che mi rattrista.”
Perchè, secondo te, molti artisti hanno bisogno di far uso di alcool o altre sostanze, per creare?
“Forse perchè in tal modo si enfatizzano alcuni aspetti che da lucidi non si notano perchè troppo semplici. Potrebbe anche essere per il fatto che, alterando la sensibilità percettiva, non si è consci di quegli aspetti del reale che non piacciono. La semplicità difficilmente accontenta un artista.”
Ti si è visto spesso gravitare attorno al movimento del Caravanserraglio, di cui però non facevi parte, giusto?
“Giusto. Sono arrivato al Caravanserraglio nel suo ultimo peridodo di vita, quando ormai tutti mettevano in rilievo i propri progetti da singoli. Non mi sono riconosciuto quindi nel movimento, poichè non vi era più un’idea comune a fare da traino, ma erano subentrate piccole invidie. Io sono un fanatico sostenitore del buon principio e credo che nelle situazioni si attui una selezione naturale emotiva. Qualche animo può anche non essere stato riconosciuto, seppur dedito al progetto.”
Ti sei pure cimentato in due progetti live particolari, Re-Volver al Tango e Farenight.
“Sì… con i Farenight rivisitavamo, stravolgendoli, gli standard jazz degli anni ’50 e ’60, vestiti in smoking. Mi ero innamorato di quella musica. I Re-Volver al Tango nacquero insieme a mio cugino Christian Piro, ballerino nelle milonghe milanesi, e proponevamo i tanghi pre-Piazzolla, quelli come marcette in 2/4, dagli arrangiamenti ampollosi e dai testi drammatici.”
Parlami del brano “Amor del male”.
“L’ho scritta di getto in mezz’ora ed è un dialogo con la mia coscienza. Un viaggio dentro il male che provavo, per raggiungere uno scopo più alto, lo stare bene. Solo riuscendo ad apprezzare la parte più oscura di noi stessi si può amare più intensamente la parte solare.”
E cosa mi dici del primo pezzo “Odio il tempo”?
“E’ un po’ un ritratto della ragazza che in quel momento era al mio fianco. Un’adorazione di quell’istante. Non so come mi venne di pensare al tempo che passa inesorabilmente. Ma questo testo fu come una sfera di cristallo in cui già presagivo come sarebbe finita. E’ il primo di cinque momenti volti a vincere la battaglia contro il passare dei giorni, affinchè vincano gli ideali infiniti. E invece si sa che il tempo vince lui.”
Contro cosa si può combattere allora?
“Contro la compressione del genere umano, contro l’uniformarsi degli stati emotivi. Bisogna riscoprire le intime emozioni. Ho creato un Free Fronte di Rivolta Emotiva Eterna, di cui parlo quando è notte inoltrata, nel nome del cuore dei sogni e dello spirito vivo.”
Cosa consigli a chi ascoltera il tuo album?
“Consiglio di vivere il disco!”
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