E anche quest’anno Venezia va in archivio. Il festival cinematografico più longevo di sempre ha mantenuto la tradizione delle polemiche e dei musi lunghi di chi non si accontenta, a torto o a ragione. D’altronde il matrimonio tra Venezia e il cinema dura da 65 anni: nozze di ferro dunque, con un po’ di ruggine nella formula magari. Prima la stampa tedesca che proclama quest’edizione come la peggiore di sempre, poi il pubblico di cinefili che lascia commenti poco lusinghieri sul “guest book” ideato da Gianni Ippoliti in Laguna e via di seguito.
UN LEONE A TE E UNO A ME –I Leoni d’oro finiscono per essere ciliegine sulla torta nella fiera delle polemiche, freschi bocconi su cui si avventano gli agitatori dell’opinione pubblica. La giuria di Wim Wenders fa il suo dovere e annuncia il vincitore: l’americano The wrestler, uno degli ultimi film presentati, sorta di Viale del Tramonto del 2000 aiutato dall’interpretazione del fu sex symbol Mickey Rourke: poteva esserci un attore più in parte di lui per la storia di un lottatore agée che si ostina a combattere? La risposta è no, e infatti la vittoria della Coppa Volpi al bravo Silvio Orlando (Il papà di Giovanna) ha un retrogusto acidulo. Nessun dubbio al merito, ma il sospetto è che il premio sia un conto da pagare al cinema italiano, altrimenti a bocca asciutta. Le pellicole presentate infatti non hanno convinto appieno i critici (eccetto forse Pranzo di ferragosto, che porta a casa il riconoscimento come miglior opera prima) quando anche la stampa oltreoceano (Variety) solleva dubbi sull’annosa (e noiosa) questione della rinascita del cinema italiano.
QUESTIONE DI REGOLE – Un occhio di riguardo al film che Wenders & Co. hanno prescelto per il Premio Speciale della Giuria: Teza. Arrivato dall’Etiopia, il film parla del viaggio in Germania di un giovane (etiope appunto) che vuol diventare medico. Al suo ritorno in patria, le speranze di portare un che di utile e dignitoso al suo paese martoriato svanicono come polvere. Infine ricordiamo la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, andata alla francese Dominique Blanc per L’autre, in cui interpreta una donna letteralmente gelosa fino alla pazzia. Quel che resterà però più impresso di questa Biennale del Cinema però, sono le parole di Wim Wenders: “Quella di presidente di giuria è un’esperienza che non voglio più ripetere. Soffro troppo a non poter attribuire premi a chi desidero davvero“. Tutta colpa di un regolamento, quello veneziano di assegnazione dei premi, troppo vetusto e illogico (gli attori dei film vincenti nelle categorie principali non possono aggiudicarsi i premi a loro destinati). I lavori del 66mo Festival hanno già un potenziale punto di partenza.