La vecchia nobiltà austroungarica miete successi anche nel trotto…
La vittoria di Feldenkrais Pal nel Gran premio Nazionale disputatosi a Torino ha riportato alla ribalta dei colori storici del trotto nazionale e soprattutto milanese. Quelli della Scuderia Camargue della famiglia Brambilla. E’ stata la prima vittoria di gruppo 1 di una formazione che ha avuto tanti cavalli discreti; ci era andata vicina qualche anno fa con la grigia Arnas Cam, ma questa volta ha colpito duro: il vincitore parteciperà di diritto al Derby.
“E’ vero che per arrivare a questo risultato abbiamo dovuto investire parecchio, forse troppo…” dichiara Luca Brambilla (nella foto, il primo a sinistra) “però lo sai meglio di me… al cuore e alla passione ippica è difficile comandare…”
Lo sa bene anche papà Pierfranco che negli anni ’70 mise in piedi la scuderia Nicoletta dal nome di sua moglie (e mamma di Luca). Poi la denominazione cambiò in La Camargue.
“Il mio con i cavalli è un rapporto che dura sin da quando ero piccolino” prosegue Luca Brambilla “non dico che sono cresciuto dentro San Siro trotto, ma… quasi. Ho vissuto gli anni ruggenti incontrato personaggi variopinti e ricordo tanti aneddoti davvero particolari. Oggi, bisogna dire la verità, è tutto un po’ più diverso, sicuramente meno romantico, ma la passione rimane. Ho corso anche in gentlemen con
risultati discreti, soprattutto all’inizio. Ora manco un po’ dalla pista, ma non escludo il ritorno.”
Origini antiche
La tradizione del trotto nella nobiltà lombarda è un aspetto affascinante della storia culturale e sociale della regione. Questo sport, che coinvolge corse di cavalli attaccati a un leggerissimo carro chiamato sulky (nella foto sopra un immaginario sulky del terzo millennio creato dall’Intelligenza Artificiale): ha radici profonde nella società lombarda, particolarmente tra la nobiltà.
Le corse di cavalli hanno una lunga storia che risale all’antichità, ma il trotto come lo conosciamo oggi si è sviluppato principalmente nel XIX secolo. In Lombardia, come in molte altre regioni europee, la nobiltà possedeva vasti terreni e allevava cavalli sia per l’uso militare sia per lo svago. Con l’avvento delle competizioni organizzate e la costruzione di ippodromi, il trotto divenne sempre più popolare tra gli abitanti delle grandi città- La competizione non era solo un passatempo, ma anche un modo per dimostrare il proprio status sociale e le proprie capacità di allevamento e addestramento dei cavalli.
Partecipare e vincere nelle corse di trotto era un segno di prestigio. Le famiglie nobili investivano notevoli risorse nell’allevamento di cavalli di razza e nell’addestramento dei fantini, sia per il trotto, sia per il galoppo. Le corse erano spesso occasioni mondane dove la nobiltà si riuniva non solo per vedere le gare, ma anche per socializzare, stringere alleanze e discutere di affari. Questi eventi erano momenti cruciali nella vita sociale dell’epoca.
Famiglie nobiliari e cavalli
Famiglie nobili come i Borromeo, i Visconti e i Prinetti erano noti per i loro allevamenti di cavalli di razza. Possedere cavalli di alta qualità era un simbolo di ricchezza e potere. Queste famiglie non solo partecipavano alle corse, ma spesso dominavano le competizioni grazie alla qualità dei loro cavalli e alla loro esperienza nell’addestramento.
La caccia alla volpe nella tradizione della nobiltà milanese. La caccia alla volpe è un’altra tradizione significativa della nobiltà lombarda. Questa pratica, importata dalle tradizioni aristocratiche britanniche ed europee, ha avuto un impatto notevole sulla cultura e la società milanese del secolo scorso. Le battute di caccia erano eventi mondani molto attesi, spesso seguiti da pranzi e feste nelle residenze nobiliari. Questi incontri servivano anche a rafforzare le alleanze e a discutere affari e matrimoni. La caccia alla volpe richiedeva l’uso di cavalli addestrati e muta di segugi. La selezione e l’addestramento di questi animali erano parte integrante della tradizione e richiedevano una notevole competenza e risorse.
Cambiamenti sociali. Nel XX secolo, la caccia alla volpe, come molte altre tradizioni aristocratiche, vide un declino con l’evoluzione sociale e le guerre mondiali. Le riforme agrarie e i cambiamenti nella struttura della proprietà terriera modificarono anche il modo in cui queste attività venivano praticate. Nonostante il declino, la caccia alla volpe non è scomparsa completamente. Alcune tradizioni sono state mantenute vive attraverso club di caccia e eventi rievocativi, anche se con modalità e sensibilità moderne, soprattutto senza uccisione degli animali. Esistono ancora oggi club di caccia alla volpe in Lombardia che organizzano battute di caccia in modo regolamentato e sostenibile. Questi club mantengono vivi i rituali e le pratiche tradizionali adattandosi alle normative moderne. La caccia alla volpe è oggi riconosciuta come parte del patrimonio culturale e storico della regione. Viene celebrata non solo come sport, ma come parte della storia delle relazioni sociali e delle pratiche nobiliari.