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Aprile

Milano ama i cani e i gatti!

Milano ama cani e gatti. Leggenda vuole che il simbolo di Milano sia il Biscione, quello dello stemma dei Visconti. Si narra che nel Trecento, in età precomunale, fu proprio Azzone Visconti a sceglierlo come emblema di buon auspicio dopo che un serpente che si era nascosto nel suo elmo lo risparmiò. Fosse vissuto oggi, non c’è dubbio che il rampollo di Galeazzo Visconti e Beatrice D’Este avrebbe scelto un cane o un gatto, gli animali d’affezione più amati dagli italiani, e in particolare dai milanesi. Piccoli, grandi, a pelo lungo o raso, autoctoni o esotici, di razza o meticci: sono loro le vere mascotte del popolo meneghino, melting pot di studenti e lavoratori instancabili sempre più desiderosi di condividere le loro vite con un amico a quattro zampe. 

Numeri da capogiro: secondo il rapporto di Legambiente, all’anagrafe canina di Milano si conta almeno 1 cane ogni 11 abitanti, per un totale che supera i 120mila esemplari domestici registrati. Il numero, tuttavia, può addirittura triplicare se si considerano gli animali non registrati, che sono ancora tantissimi, e quelli che vivono nei canili, circa 1 ogni 10mila abitanti, dato assai incoraggiante nonché fiore all’occhiello della città. Si tratta di un vero e proprio primato italiano che, curiosamente, va a incrociarsi con le cifre, viceversa preoccupanti, relative al calo demografico, sebbene all’ombra della Madonnina non si sia ancora registrato il drammatico record piacentino, dove da qualche tempo ci sono più cani che bambini. E i gatti? A Milano se ne conta 1 ogni 30 abitanti, per un totale che sfiora i 45mila esemplari domestici, contro i 20mila randagi che popolano le 1.320 colonie feline della città. La buona notizia è che, complice l’impennata milanese delle adozioni e degli acquisti di cani e gatti durante la pandemia, la Lombardia ha immediatamente raccolto l’allarme di Legambiente costituendo per prima l’anagrafe obbligatoria degli animali d’affezione. La cattiva, invece, è che, per quanto su questo tema Milano sia uno dei centri urbani più virtuosi del Paese, le nostre grandi città sono ancora il fanalino di coda in Europa in materia di qualità di vita degli animali. 

Milano, capitale del business… a 4 zampe. Costosa, faticosa e scandita da ritmi frenetici, la vita milanese è sempre più pet-friendly. Lo sa bene l’amministrazione meneghina, che già da quattro anni consente ai cittadini di viaggiare sui mezzi pubblici gratuitamente con ogni tipo di animale domestico (prima del 2019 erano consentiti soltanto gli animali di piccola taglia nel loro trasportino, previo pagamento del biglietto ordinario). I servizi, inoltre sono sempre più numerosi, e il giro d’affari, già imponente, non teme la crisi economica ed è in crescita costante. Negli ultimi anni, complici le numerosissime catene in franchising, si sono moltiplicati gli esercizi di pet-food, da quelli più convenzionali a quelli dedicati alle diete BARF (Alimentazione cruda biologicamente appropriata), e i negozi per la tolettatura sono diventati veri e propri saloni di bellezza, i gettonatissimi pet care. In ogni quartiere, dal centro alle periferie, si trovano pensioni e asili per i cani dei lavoratori, per molti una valida alternativa al più tradizionale dog sitter. Ci sono educatori e scuole cinofile di ogni ordine e grado, studi veterinari e cliniche all’avanguardia, boutique di abbigliamento specializzate in tutte le razze, le affollatissime fiere, e persino i dog-club per divertirsi con il  proprio cane nel tempo libero e i locali per irriducibili gattari dove si può trascorrere qualche ora in compagnia di splendidi felini. Insomma, non manca proprio nulla, nemmeno, segno dei tempi, la messa domenicale aperta ai cani, nella Chiesa di Sant’Angelo, in via Moscova, così come i servizi di onoranze funebri e i cimiteri per l’eterno riposo dei nostri amici a quattro zampe. Perché, come disse Voltaire, “gli uomini si attribuiscono un’anima di specie diversa da quella degli animali soltanto per un ridicolo eccesso di vanità”. 

Alessandro Caporiccio

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Dopo gli studi universitari in Giurisprudenza, Alessandro Caporiccio decide di andare a vivere per conto proprio e per mantenersi affianca agli impegni come musicista il lavoro di buyer presso una grande catena di distribuzione discografica. Prima di lasciare la casa di famiglia, però, adotta un gattino tutto nero dal destino assai incerto e lo chiama Holden, come il protagonista del celebre romanzo di JD Salinger, il suo autore preferito. Scatenato, ma dolcissimo, Holden si rivela il coinquilino perfetto, ma anche un felino piuttosto originale. Le sue attività preferite sono parare la pallina come un portiere provetto, rubare gli accendini agli ospiti per poi lasciarli cadere dal balcone dell’appartamento (al sesto piano) osservandone la traiettoria nonché, in assenza del “papà”, modellare con i denti lo scatolone di cartone opportunamente posizionato nel suo angolo preferito della casa realizzando delle finestrelle dalla simmetria perfetta su tutti i lati.

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