21st

Maggio

La nostalgia da quarantena o “Sindrome della Capanna”

La psicologa risponde. Il Covid-19 è entrato prepotentemente nelle nostre abitudini, costringendoci a modificare radicalmente i nostri stili di vita e a riorganizzare la quotidianità. In questi due mesi di clausura forzata ci siamo ritrovati ad affrontare la sfida dell’isolamento. Sfida che ha visto emergere emozioni contrastanti, spesso complicate da gestire, come l’ansia, la paura e l’incertezza. Che portano ora, almeno in alcuni, a provare la nostalgia da quarantena, o Sindrome della Capanna

Per far fronte a un evento sconvolgente come questo che abbiamo vissuto, abbiamo dovuto attivare la nostra resilienza, ossia la capacità di riorganizzarci di fronte ad eventi traumatici. E adesso che tutto cambia di nuovo, siamo chiamati, ancora una volta, ad adattarci ad un mondo che non è esattamente come lo avevamo lasciato, ma che si sta preparando a nuove regole e modalità relazionali. In tutte queste riorganizzazioni, alla fine qualcuno ha pensato che, tutto sommato, non si sta poi così male al sicuro della propria casa. Che è diventata un rifugio dove trascorrere la giornata nella comodità della propria tuta, con nuovi ritmi domestici,  chiacchierando con vicini affacciati alla finestra. Quanto potrà mancarci tutto questo? Quanto sentiremo una nostalgia da quarantena?

Perché dovremmo abbandonare tutto questo, per un clima di incertezza? L’idea di sentirsi a disagio in un frangente che prima era considerato normale può creare in noi un senso di inadeguatezza che ci fa dire Come mai prima avevo sempre voglia di uscire e adesso no?

La risposta potrebbe essere che nei mesi scorsi abbiamo vissuto un clima stressante che ha trasformato, sebbene temporaneamente, il nostro modo di concepire le cose.

Ecco quindi presentarsi un nuovo scenario di emozioni. Un mix tra euforia per la ripresa, senza nessun tipo di timore (8%), preoccupazione di contrarre il virus (25%). Ansia di avere contatti ravvicinati con altre persone (39%). Terrore di prendere i mezzi pubblici (41%). Speranza in un futuro libero, frustrazione per ciò che ancora non è possibile fare. (Risultati di una ricerca realizzata dalla società di consulenza strategica Nomisma in collaborazione con CRIF).

Gli atteggiamenti difensivi possono generare un comportamento adattivo e originare difficoltà ad uscire

Tale comportamento dipende dall’età, dalle condizioni di vita (se si è stati malati, se si è persa una persona cara o il lavoro). Dalle modalità del confinamento (persone sole, invalidi, risultati positivi, residenti in RSA VS chi ha affrontato l’isolamento senza grandi disagi). Dalla capacità di adattamento, dal grado di paura sperimentata. Nonché dall’importanza che diamo nella nostra vita alla socialità, alle uscite, ai viaggi.

L’impedimento ad uscire, sperimentato da molti (anche da quelli più equilibrati dal punto di vista emotivo), è una delle più comuni reazioni, affiancato al rifiuto di accettare che i propri riferimenti siano cambiati. Viene chiamato Sindrome della capanna o del prigioniero. Una reazione di stress, in sé non patologica, che assale alcune persone davanti alla prospettiva di tornare allo stile di vita precedente (stress, ritmi frenetici), per paura di essere contagiati, di non farcela, per l’ansia di doversi riadattare all’ennesimo cambiamento.

Se sperimentate stati di ansia quali tristezza, demotivazione, scarsa voglia di uscire, stanchezza, potreste “soffrire” di questa sindrome. La buona notizia è che si tratta di una sintomatologia che, con il trascorrere del tempo, tende a rientrare o a diminuire e termina con l’adattamento della persona al nuovo contesto. Non è una malattia, ma il bisogno di più tempo per entrare in una nuova routine. Come fare per non avere più nostalgia della quarantena?

Mantenere le buone abitudini e le passioni della quarantena

Continuiamo a coltivare le passioni scoperte o riscoperte durante la quarantena, a dedicarci alle attività che ci fanno stare bene, che ci appagano, e concediamoci il lusso di conservare un po’ di tempo per noi e per i nostri cari.

Accogliere le emozioni

È fondamentale entrare in contatto con le nostre emozioni, anche quelle più spiacevoli. Senza negarle o dirottarle altrove. Senza farci opprimere, ma piuttosto riconoscendo e accogliendo quell’emozione specifica, fino a farne scemare l’intensità e tornare ad avere il controllo di noi stessi.

Conquistare consapevolezza

Ricordiamoci che siamo dotati di un kit di resilienza che ci rende capaci di fronteggiare le difficoltà in maniera positiva e di adattarci all’occorrenza alle nuove situazioni.

Vivere a mille

Riflettiamo su ciò che per noi è essenziale, ciò che dà valore e senso alla nostra vita e compiamo quotidianamente azioni concrete per vivere una vita colma di significato.

Chiedere aiuto

Se vi rendete conto di perdere il controllo dei vostri pensieri, delle emozioni e delle azioni, se vi sentite soffocati dall’ansia e da timori che condizionano la vostra quotidianità, chiedete aiuto a un professionista e iniziate un percorso terapeutico.

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