12th

Febbraio

Whitney, We Will Always Love You

Le voci sono il temperamento della memoria, le canzoni sono l'avanzamento e la vittoria del tempo. Whitney Houston, a cui gli dei hanno destinato la fine maledetta di Amy Winehouse, è morta in un albergo di Beverly Hills e gli anni Ottanta resteranno infreddoliti per sempre. Il decennio più edonista della storia americana perde il mantello pop-soul, che aveva riscaldato mezzo mondo.

Lo zucchero filato del pop si era intrufolato tra il soul di una black voice possente, che ha restituito a un repertorio musicale stemperato il suo futuro: diventare colonna sonora di una generazione, che non aveva niente più a che fare con la canzone impegnata e di contestazione dei grandi songwriter d'Oltreoceano. Ci siamo innamorati su All at Once, abbiamo ballato il primo lento su Greatest Love of All, ci siamo illusi che l'amore fosse eterno con I Will Always Love You, ci siamo scatenati con I Wanna Dance with Somebody, perché gli adolescenti svezzati da Whitney Houston non avevano capito che la vita si arrugginisce.

Nella seconda metà degli anni Novanta è arrivato il crollo di una star, che fa scontrare in maniera irrefrenabile la vita privata e le sue amarezze con il personaggio pubblico. Whitney Houston era morta musicalmente molto tempo fa e la sua grazia di principessa soul si era dissolta tra teneri ricordi. Adesso che non c'è più, abbiamo il dovere di rimpiangere quello stile, quella penetrazione emotiva che rende intramontabile un'interprete. Per questo motivo non la dimenticheremo.

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