4th

Giugno

Prendi una sedia e siediti: il nuovo valore di questo oggetto d’arredo

In questa nostra ripartenza ci sono sedie ovunque. Sostano sui marciapiedi come nuovi pedoni. Fuori dai luoghi pubblici invitano con discrezione all’attesa, al distanziamento. Possono diventare un luogo dove fermarsi, riflettere, stare insieme a distanza. La sedia come prodotto di design, metafora di uno stare singolo ma tra persone, prende il posto così della panchina durante la fase 2

Per settimane abbiamo osservato da casa gli oggetti, strutture materiche non viventi. Ci siamo soffermati sulle geometrie dei tetti, sulla conformazione delle case, sui cortili, le strade, la scrivania, il divano. Ci siamo sorpresi perché la nostra curiosità prima si focalizzava sullo scrutare volti, stili, atteggiamenti altrui portati in giro con un’ostentata naturalezza. Invece in quarantena lo sguardo complice, in assenza di folle sgambettanti, si è concentrato sugli elementi architettonici, ornamentali, di arredo. Tra tutti vorrei fare riferimento a uno in particolare: la sedia.

Quattro pilastri permettono la sosta, il riposo, il dialogo. Una convivialità resa ognuno dalla propria circoscritta, unica postazione. Prima di tutto la sedia costituisce un grande oggetto di design. Come non citare il Salone del Mobile milanese e lo spazio dato al concetto di seduta che può essere a tutti gli effetti espressione di creatività e ingegno.

Sedie moderne, antiche, piccole o grandi, testimoniano gusti, progettualità, modi di essere. La sedia poi nasce con un uso individuale e tuttavia diventa anche mezzo di unione, condivisione. Evoca uno “stare con” rimanendo distinti. Sedia come rifugio, come punto di vista verso il prossimo, luogo privilegiato, rialzato, comodo. Ora invito a rispettare le norme di sicurezza post Covid-19.

Sediamoci e guardiamoci negli occhi

Nel 2010 al MoMa in occasione di The Artist is Present l’artista Marina Abramovic, la regina della performance, è rimasta per tre mesi seduta su una sedia in attesa di ricevere a turno visitatori che potevano accomodarsi di fronte a lei e godersi un minuto di silenzio. L’intensità senza voce dello sguardo, la sedia come pausa verso la comprensione, un dialogo muto.

L’opera d’arte interattiva rimase celebre perché tra i visitatori si presentò anche Ulay, l’amore della sua vita che non vedeva da ben 23 anni. L’incontro fu toccante e memorabile. Più chiaro di così: in questo caso la sedia è stata un elemento artistico, sicuramente, ma, anche, veicolo di emozione.

 

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