29th

Settembre

Unisex

“Lanciare il corpo affinché decida da sé cosa essere o colpire. Non più unicamente uomo o donna, ma una multiforme sembianza, con caratteristiche unificate dai generi.” Donatella Airoldi, curatrice della mostra.

IL CLASSICO RIFATTO – Unisex gioca sull’ambiguità del senso. E del sesso. Ogni artista lo fa a modo suo. L’americana Jane Kennedy fotocopia elementi della classicità, immagini strappate e reinserite in un tutto caotico, dove le facce sono unite eppure distinte. Evelina Schatz, russa, si diverte con l’ambiguità dell’elemento: una scarpa da uomo con tanto di tacco è inchiodata a un cuore.

FRA CORPI E ABITI – Per Alice Colomba il corpo è franto, scisso, scomposto, atomizzato. Indistinguibile, ormai, nella sua impensabile frammentarietà. Silvia Manazza crea un abito, la cui peluria è l’usura del tempo che lascia segni così tangenti e talmente duri anche per uno specchio opaco posizionato di fronte. Sono tessuti in continua evoluzione – un work in progress su stoffa – quelli di Silvia Cibali. Anche Marilde Magni inventa un abito ambiguo e imprendibile così come Grazia Lavia e la sua sposa amante androgina.

VEDUTA D’INSIEME – Fra immagini inquietanti e oggetti indefiniti, pervasi da strane atmosfere, tutto sfugge allo stimolo razionalizzante. Donatella Airoldi – curatrice dell’allestimento e preziosa guida – ama molto le sculture in legno sagomato di Mavi Ferrando, dove le forme sono e non sono. E dove tutto – pubblico compreso – resta sospeso. 

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